venerdì 6 giugno 2014

Il Castello Errante di Howl, D.W. Jones

"Io odio le persone infelici" aggiunse Calcifer. "Mi gocciolano addosso le loro lacrime. Le preferisco arrabbiate."

domenica 5 gennaio 2014

la mia Jaga

Un tempo ero reale. Bella e giovane, sorridevo più spesso. Ero Donna di Conoscenza, e come me le Sorelle con le quali condividevo ogni cosa. Alcune erano giovani, e c'erano bambine a correre vicino al torrente e nella luminosa radura che ci accoglieva; altre come me erano adulte e più mature, e le più vecchie ci avevano cresciute tutte. Nel profondo della foresta le nostre vite terrene si svolgevano studiando, celebrando i riti della Madre e custodendo ciò che Lei aveva da insegnare sulla Vita, la Morte, la Rinascita. Altre Sorellanze erano dislocate in vari luoghi del mondo, a volte tremo rabbiosa al pensiero che forse nessun altro le ricorda tranne me. Ognuno vedeva in Noi il palesarsi dei Misteri. Noi eravamo le spiegazioni viventi di ciò che la Natura dice, talvolta con un linguaggio ignoto. Noi Sapevamo. Eppure, non sapemmo dire quando il tempo cambiò. Quando ebbe origine quella che si sarebbe poi rivelata la fine dell'Era delle Sorelle, la fine del tempo manifesto della Madre, la fine del Mondo come noi lo conoscevamo. In alcuni paesi fu l'arrivo di popoli nuovi. In altri luoghi forse una generazione più scarsa di valore visse anni più scarsi di raccolti e di salute, e questo provocò disperazione e cinismo. Altrove il fanatismo di pochi traviò gli animi semplici ma senza Memoria di molti. Forse, fu anche colpa nostra. Ci fidavamo degli altri, come facevano tutte le comunità come quella dove stavo io, e davamo sostegno ed accoglienza a tutti, mostrandoci in semplicità. E' così che si confà ad una Sorellanza, perché nessuna Sorellanza può esistere se in essa esistono il sospetto e la diffidenza. Così, anche da noi come altrove, loro arrivarono e distrussero ogni cosa. Violentarono come se non avessero avuto a loro volta Madri, Figlie, Sorelle. Bruciarono ciò che la loro vista non tollerava perché troppo bello per il marcio nel quale erano abituati a stare. Saccheggiarono credendo che possedere significasse Comprendere, trafissero la morbida terra ed i corpi indifesi, devastarono ciò che loro non erano stati in grado di costruire. E risero. Fino alla fine del tempo ricorderò le loro mostruose risate. Io, solitaria come sono, stavo a meditare nel bosco; davanti ai miei occhi chiusi apparve una visione atroce, così corsi verso la nostra Casa. Loro erano già lì ed erano tanti, efferati e brutali. Lottai, le mie unghie si fecero affilate ed i miei denti divennero di ferro; il mio volto si tramutò in una spaventosa maschera e la mia risata risuonò atroce come la loro. Il mio falcetto, il mio bastone, la mia furia massacrarono molti di loro, e mai mi pento del castigo che ho inflitto.
Alcune di noi si nascosero coi bimbi e le bimbe ancora vivi, altre giacevano a terra; credendoci fuggite o morte, in parte sazi di crudeltà ed in parte storditi per aver subito anche loro delle perdite, se ne andarono. In quella notte di luna calante gettammo i loro corpi di profanatori nel fiume, che non insozzassero ulteriormente quella terra a noi tanto cara. La notte successiva, nel nero della Luna Nuova, seppellimmo piangendo le nostre Sorelle e le nostre Figlie. Ricordo che il giorno dopo pioveva. Venne deciso di spostarsi in un altro luogo, seguendo antichi Canti, antiche Leggende, seguendo le Linee di Potere della Terra. Ma io rimasi alla Casa nella Foresta. Non potevo e non volevo stare di nuovo fra la gente, e per questo sopportai anche il dolore di vedere andar via coloro che erano sopravvissute, coloro che più amavo. Sapevo che la mia diffidenza sarebbe rimasta sempre, e temevo che questo avrebbe potuto in futuro disgregare anche quella meravigliosa, eterna, sacra, superstite Sorellanza. Così rimasi. Mi sedetti dentro ad un castagno cavo, dissi ad ognuna delle mie Sorelle che il mio Amore era per Loro, e loro andandosene lo portarono con se'. Per giorni rimasi nel castagno, alzandomi ogni tanto per bere dell'acqua al vicino torrente, che gorgogliava sempre diverso e sempre uguale, favorendo il vagare del mio pensiero e tranquillizzando i miei singhiozzi disperati. Per giorni meditai per elaborare la Rabbia, il Dolore, il Dubbio, i Ricordi, la Paura. Piano piano un nuovo Intento affiorò alla mia coscienza, divenne Consapevolezza, e non mi lasciò più. Per me stessa, mantenni l'aspetto spaventoso che avevo assunto nella battaglia contro di loro: tutti dovevano temermi, pochi sarebbero riusciti a non fuggire subito. Di quei pochi, svariati avrebbero ceduto dopo, sotto la ferocia delle mie urla, del mio riso mortale e dei miei occhi di fuoco. Con le mie unghie ed i miei denti avrei squarciato e divorato gli indegni. Con un incantesimo feci in modo che la Casa nella Foresta divenisse mobile, per poter seguire anch'essa il proprio Intento, fosse andarsene, combattere nuovi nemici, ballare pazzamente, o semplicemente respirare. Perché Jaga la strega fremeva, e la Casa prese a fremere con lei.
Jaga io sono, e rimango alla Casa nella Foresta, da sola per lunghissimi tempi. Come li conoscevo allora, ancora e sempre più in fondo conosco i Cicli del Tempo che mai tradisce e sempre si rinnova. Come fece Caillean per Avalon, ho innalzato Nebbie e trasportato questa Casa in un luogo tra il Mondo e l'Aldilà. Quasi nessuno mi trova, e fra coloro che mi trovano quasi nessuno sopravvive, alimentando con l'energia della loro Morte il Fuoco per le mie lanterne. Se ne saranno degni e se ne saranno in grado, forse sapranno usare quello stesso Fuoco per la propria Rinascita. Come e quando è un Mistero che nemmeno io, che so molto e sono molto potente, posso conoscere o tantomeno dominare. Talvolta arriva qualcuno che resiste.. Sono quasi sempre giovani ragazze ai miei occhi, ma io sono immensamente vecchia e fra l'altro le Nebbie mostrano le persone come esse sono, ma non come appaiono ai mortali. Quando arrivano, esse sopportano la mia vista, i miei strepiti, e le prove a cui le sottopongo: hanno caratteri diversi, diverse reazioni e diverse strategie, io vedo il loro intuito ed il loro talento per diventare vere, e decido se e come plasmarli. Nessuna sta con me contro la propria volontà, e coloro che restano crescono vertiginosamente, con la dose di dolore e difficoltà che la Crescita comporta. Allora mi viene in mente com'era la vita con le mie Figlie e le mie Sorelle, tanto tempo fa..credo che in quelle occasioni si percepisca il calore della tenerezza che per un attimo mi pervade..così in quel momento mi chiamano Nonna.. Baba Jaga..
Ma non ne ho mai tenuta nessuna con me. Io Vivo Sola. Dono loro un po' del Sacro Fuoco della Morte e della Vita e le caccio via. E' la sola Benedizione che sono ancora capace di dare. Ho molti nomi: solo chi arriva a chiamarmi Nonna mi conosce veramente.

martedì 22 ottobre 2013

noi siamo il sesso debole

LAVANDAIE
Quando mia nonna era ancora viva, una delle cose che mi insegnò fu quella di lavare i panni. Mia madre si occupava di quasi tutto il resto, io ero la quarta di sette fratelli, ma al bucato ci pensava la nonna. Diceva che era importante, ma soprattutto diceva che la rilassava. Io non avevo mai sentito altre donne dire che le rilassava tenere le mani nell’acqua, prima calda poi gelata, e strofinare.. ad alcune piaceva cucinare, ad altre occuparsi dell’orto, ad altre andare a cercare erbe nel bosco, ma lavare i panni.. mah. Anche altre famiglie ci davano i panni da lavare, ci pagavano con quel che avevano ma tutto faceva comodo. Andavamo al torrente, quando la stagione era calda ed il tempo era bello.. sennò andavamo al pozzo in cortile a tirar su l’acqua e la portavamo sotto il piccolo portico. Io la trovavo la soluzione più comoda, ma la nonna preferiva il torrente: “Mi piace veder l’acqua che scorre, e si porta via tutta la sporcizia che laviamo. Preferisco stare accucciata sull’erba e la terra che sul selciato della corte. E poi solo l’acqua del torrente che scorre mi fa venir voglia di cantare.” Quando fui abbastanza grande per fare il bucato da sola, mia madre disse alla nonna che poteva smettere quell’ingrato compito, ma lei non ne volle sapere. Venne a lavare i panni assieme a me fino ad un mese prima di morire. E fino all’ultimo cantò.. io ormai avevo imparato ad apprezzare quei nostri momenti, molto intimi anche se non sempre eravamo sole a fare i panni. Avevo da tempo imparato le canzoni popolari del mio paese, e qualche volta qualche ragazzo arrivava fino da noi e cantava una canzone delle sue parti, ed io ne ero affascinata.. qualche tempo dopo ne avrei anche sposato uno, di questi girovaghi che facevano passare il tempo e la fatica cantando in giro per le crode.. Ma la nonna cantava, qualche volta, un canto più arcano.. una canzone segreta, con parole che a volte non capivo.. quando ero piccola credevo che quella canzone richiamasse le Anguane, o le fate, o altri spiritelli del bosco.. poi, col tempo, mi accorsi che nonna cantava queste canzoni misteriose solo in alcuni momenti. Quando mio fratello Piero morì, per esempio, e mia mamma sembrava spezzata. Ogni volta che la mamma aveva appena partorito. Quando io divenni una signorina. Quando qualcuno non riusciva a superare una perdita e in paese si diceva che stava per ammattire. E sempre, ogni anno, alla notte del 31 Ottobre. Due giorni prima di morire, non camminava quasi più, ma mi chiese col suo solito tono gentile ma deciso, di portarla al torrente. Inizialmente provai a convincerla di stare tranquilla a casa, ma capii che non potevo fermarla, perciò piuttosto che ci andasse da sola la accompagnai. Il tragitto era breve ma ci mettemmo molto tempo. Lei camminava lenta e ogni tanto prendeva fiato, ma cercò sempre di parlare. “Com’è bello qui, vero?” “Guarda qui com’è sporco” “Lascia stare quelle more, crescono più dolci in quell’angolino dietro la curva del sentiero nel bosco, quello che abbiamo trovato insieme”. Arrivate vicino al ruscello, si stese, io mi accucciai e lei poggiò la testa sulle mie ginocchia. “Devi fare delle cose per me. La prima, piangi il tempo che serve quando morirò, ma poi vivi, perché io sotto altre forme vivrò presto di nuovo, e non voglio vedervi ancora afflitti quando girerò per questi luoghi in forma di lupo, o fiore, o farfalla, o gatto, o bambino. Onora la Morte come onora la Vita, perché nessuna delle due può esistere senza l’altra. Vivi felice, ed affronterai la Via della Morte con meno paura. La seconda, lava i panni con amore come ti ho insegnato. Lo sporco del mondo se ne va quando lo fai. La forza dell’acqua e della tua fatica vince sul sudiciume. Il canto del ruscello diventa quello segreto del tuo cuore, perché noi siamo le Lavandaie. Noi abbiamo un compito, e se lo lasci andare nessuno lo farà, qui. Terzo, canta per me, quando morirò. Canta il Canto segreto che la tua anima ti suggerirà. Io non so insegnartelo, ma in questi anni con me hai appreso quello che si può apprendere per saperlo trovare. Magari non ti verrà subito. Io aspetterò a rinascere. Tu sarai Colei che mi ricomporrà e mi soffierà nuova vita col suo fiato ed il suo suono.. Quando l’avrai fatto per me, allora sarai pronta a farlo anche per altri, come facevo io. La notte del 31 Ottobre i morti verranno da te.. non potrai certo capirli tutti, ma alcuni saranno pronti, ed il Canto sarai tu a trovarlo.. raccogli il dolore degli altri, ed il tuo, e cantalo trasformandolo in Vita e ristabilendo il sacro Equilibrio.. non sei sola, ed il canto delle altre Sorelle ti risuonerà presto nel cuore. Raccogli il dolore tuo e degli altri, raccogli il canto tuo e delle Sorelle, raccogli come si raccolgono le castagne in autunno, come si raccoglie il grano in estate, come altre nostre Sorelle raccolgono ossa di lupo e, si dice, lo ricostruiscono e lo riportano alla vita con loro Canto.. e quei lupi diventano donne, dicono. Donne più sagge.. come potrai essere tu. Getta via ciò che non serve. Fai spazio per ciò che dovrai recuperare. E canta la melodia segreta della Vita, quando questa ti arriva.” Credevo di non capire.. ma era paura. Due giorni dopo ero al capezzale della nonna. Un lupo ululò in lontananza. Lei sorrise, mi guardò, ed io capii. Morì. Io morii con lei e, quando trovai il suo Canto e lo cantai, noi rinascemmo insieme.

domenica 20 ottobre 2013

ecco

“Il sentiero per la cima del Tor E' anche il cammino a spirale verso la donna interiore Un viaggio di crescita, potenziamento, E comprensione di se stessi. Viaggio verso la Sorgente... il Centro... la Dea... Lei, il cui Nome può essere trovato solo nel silenzio dell'anima. Scava nella tua oscurità... entra nel tuo dolore... Conquista le tue paure... Chiama la Barca per farti condurre Alla Sacra Isola di Guarigione che risiede dentro di te E ne emergerai rinnovata. I Misteri di Avalon sono vivi Le sue Mele sono rosse e dolci... Vuoi dare loro un morso? Diventa la Donna che sei nata per essere... Ricorda…” (Jhenah Telyndru, Avalon Within, traduzione di Violet del Tempio della Ninfa)

venerdì 3 maggio 2013

Alexander Lowen

Sperimentare la vita del corpo è un processo che non è mai finito e la ricompensa è una vita più lunga. La terapia deve sfidare le nostre scissioni:tra pensiero ed emozione, fare ed essere, controllare e lasciar andare, scarica sessuale e amore. La società contemporanea non favorisce la vita del corpo o il perseguimento della salute:L'enfasi è tutta sul denaro o sul potere. Ma il piacere e la gioia sono il vero senso della vita

martedì 23 aprile 2013

Carl Felix Wolff

Blanc de stàjles, raj de noréjes, Alba, Alba, vegn te mes èjes. Bianco di stella alpina, rosso di rododendri, Aurora, Aurora, vieni negli occhi miei...